Bologna, all'ex Breda sciopero dei 200 dipendenti: «Abbiamo ordini per mille bus ma si rischia di chiudere» | Corriere.it

2023-02-16 16:45:29 By : Mr. Johnson Chen

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L'azienda ha bisogno di liquidità: appello ai soci pubblici per non perdere una fabbrica di eccellenza nel settore automotive

Un serpentone di almeno 200 operai ha sfilato dalla sede di via San Donato fin sotto le finestre della Regione. Ad aprire il corteo dei lavoratori di Industria Italiana Autobus, che hanno aderito in massa allo sciopero di 4 ore per chiedere al governo il rilancio dell’azienda, c’era il vecchio striscione: «La storia non si cancella». Una storia iniziata nel 1919 come Menarini, proseguita fino al 2018 come Bredamenarinibus e che oggi fa i conti con un enorme paradosso: se nel resto del settore automotive la transizione verso l’elettrico è vista ancora come una spada di Damocle, il mondo degli autobus, in grande espansione, è pronto da anni. Così come, se avesse la liquidità per far ripartire la produzione, sarebbe pronta. A ricordare i 1.000 autobus già ordinati, di cui 600 da consegnare entro il 2023, e la mancata ricapitalizzazione da parte degli azionisti Invitalia, Leonardo e Karsan c’era tutto il popolo ex Breda. Gli ultimi assunti, come Riccardo Frascaroli che racconta di «una produzione a singhiozzo». E dipendenti più attempati come Mirco Giberti, che ammette di «averci fatto il callo a tutta questa ansia», e Marco Cova, che ogni mattina raggiunge la fabbrica da Ferrara: «Ho cominciato qui 26 anni fa. Eravamo oltre 700 dipendenti; ora, dei 190 rimasti, solo in 70 operano in produzione». Dove, per la carenza dei componenti, spesso non è neanche possibile assemblare i pezzi.

  Davanti ai cancelli il sindaco Matteo Lepore: «Bologna sarà la vostra voce — ha assicurato —: in questi anni abbiamo attraversato insieme un deserto e l’impresa è ancora accesa. La vostra battaglia ha difeso un’intera filiera industriale nazionale». «E allora mi chiedo — tuona —: dov’è il patriottismo del governo se non difende un grande produttore italiano di autobus? Se vogliamo vincere la sfida del trasporto collettivo di nuova generazione non possiamo fare a meno — Lepore la chiama ancora così — della Breda». Erano tanti anche i metalmeccanici di altre aziende, dalla Lamborghini alla Bonfiglioli. Fra i presenti l’ex M5S Massimo Bugani. «Siamo arrivati ad un punto di non ritorno : denuncia il segretario organizzativo Fiom Bologna, Mario Garagnani —: o si decide di investire o l’azienda muore». Lunedì 13 sarà un giorno decisivo: il cda dovrà votare la ricapitalizzazione. «Servono circa 30-40 milioni di euro subito — stima Garagnani — ma non possiamo procedere per piccole e continue iniezioni di liquidità». Per assicurare la consegna dei 1.000 autobus richiesti servirebbe liquido circolante per diversi milioni ogni mese. «Se avessimo tutti i materiali — spiega — fra Bologna e Flumeri riusciremmo a produrre 4 autobus alla settimana. Ma così, con le risorse usate per stipendi e debiti pregressi, è difficile ricevere nuove forniture. Un vero peccato perché Bologna, che ha stretto una joint venture con Caetano Bus sulla tecnologia Toyota a idrogeno, potrebbe davvero essere la testa italiana della ricerca e sviluppo». 

Al fianco di Garagnani c’erano il leader Fim Massimo Mazzeo («Sembra un déja vu») e il segretario organizzativo Uilm Roberto Ferrari, che lancia un appello ai parlamentari bolognesi. In testa al corteo il numero uno della Camera del Lavoro Michele Bulgarelli e il nuovo segretario generale Fiom Simone Selmi. «Il governo ci deve dire — insiste Selmi  — se crede ancora in Industria Italiana Autobus e come vuole progettare la nuova mobilità collettiva. Serve un investimento strutturale pubblico. Chiediamo urgentemente una convocazione al ministero delle Imprese e del made in Italy». Una delegazione è stata poi ricevuta dall’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, che rinnova l’invito al governo: «Invitalia e Leonardo, che hanno la maggioranza, sblocchino le risorse finanziarie per far fronte agli ordinativi, evitare di lasciare il mercato alla concorrenza estera e perdere anche i mezzi per il trasporto pubblico locale finanziati col Pnrr».

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