Le bioplastiche sono meno dannose della plastica? - Focus.it

2023-02-16 16:27:23 By : Mr. Henghai TOMKING

La plastica prodotta in modo biologico, ossia direttamente dalle piante è spesso considerata meno dannosa per l'ambiente rispetto alla plastica prodotta da prodotti petrolchimici. È davvero così? Uno studio che ha esaminato i risultati di una ventina di articoli scientifici ha rivelato come le bioplastiche – la maggior parte delle quali derivano da amido di mais – possono essere inquinanti quanto le loro cugine convenzionali, soprattutto se arrivano in ambienti costieri. 

SI FA PRESTO A DIRE bioplastica. Il termine "bioplastica" è piuttosto vasto. Si usa per indicare sia la plastica a base biologica (prodotta da piante o altra materia organica non fossile) sia quella biodegradabile prodotta da combustibili fossili, ossia quella che dovrebbe essere facilmente degradabile.

«Innanzitutto va detto che le bioplastiche non sono necessariamente diverse dalle plastiche convenzionali», afferma Martin Wagner, tossicologo ambientale dell'Università norvegese di scienza e tecnologia che non è stato coinvolto nella revisione ma il cui lavoro è stato incluso nell'analisi. «Alcune bioplastiche sono nuovi composti chimici, ma altre sono chimicamente identiche alle plastiche convenzionali, con l'unica differenza che sono prodotte dal carbonio derivato dalle piante piuttosto che dai combustibili fossili».

Un prodotto a base bio (bio-based) come la bioplastica è interamente o parzialmente ricavato da biomassa, un materiale di origine biologica - come la carta o il legno - e non include componenti di origine fossile (come carbone o petrolio). Per biodegradabile si intende invece un materiale che possa essere degradato da batteri o funghi in acqua, in aria o gas naturale o in biomassa.

Una bioplastica può essere biodegradabile (lo è per esempio l'acido polilattico o PLA) ma può anche non esserlo (non lo è la Bio-PET che in alcuni casi sostituisce le bottiglie di plastica tradizionale).

ESEMPI NON INCORAGGIANTI. Pur riconoscendo che non ci sono molti dati disponibili e che gran parte di essi si concentra su poche bioplastiche (come l'acido polilattico e i poliidrossialcanoati, prodotti principalmente dall'amido di piante come mais, canna da zucchero e soia), gli autori della revisione sono giunti alla conclusione che gli effetti tossici sulla vita marina e degli estuari possono essere di entità simile a quelli della plastica convenzionale.

Alcuni degli studi inclusi nella revisione mostrano, ad esempio, che sia la plastica convenzionale che la plastica a base biologica possono influenzare il modo con cui i mitili si attaccano alle rocce. Come influenzano anche l'attività degli enzimi nel sistema digestivo e nelle branchie delle cozze con risposte negative su tali organismi.

Due studi, inoltre, hanno dimostrato che i sacchetti di plastica derivati ​​dall'amido di mais riducono il livello di ossigeno disciolto nei substrati marini e portano a un riscaldamento del substrato. Gli autori di un articolo suggeriscono che la bioplastica abbia avuto anche un effetto sigillante sul sedimento.

Non sempre "biologico è meglio". Queste conclusioni non hanno meravigliato i ricercatori della revisione degli studi: le prime ricerche sulle bioplastiche riguardavano specifiche condizioni di compostaggio, industriali e di laboratorio, ma non erano mai state fatte su spiagge o sul fondo del mare.

Con la diffusione delle bioplastiche si è visto che proprio sulle spiagge, i tassi di degradazione variano molto a seconda del tipo di bioplastica: alcuni oggetti si degradano o si disintegrano completamente in pochi mesi, altri impiegano anni.

«Va messo in discussione il presupposto secondo cui ciò che è di base biologica è sicuro», spiega Wagner. «Lo sviluppo della bioplastica si è concentrato su materie prime rinnovabili e sostenibilità, ma ha trascurato i tanti problemi di sicurezza». I suoi lavori sulle bioplastiche, come la plastica a base di amido e bambù, hanno dimostrato la presenza di sostanze chimiche tossiche paragonabili a quelle della plastica a base di petrolio. 

Presto per definitive conclusioni. La produzione di bioplastica è esplosa negli ultimi anni sulla scia delle preoccupazioni nate attorno alle conseguenze che può causare la plastica e l'impronta di carbonio nella produzione della stessa. Secondo European Bioplastics, un'associazione di settore, nel 2021 sono state prodotte globalmente 2,4 milioni di tonnellate di bioplastica, un numero che dovrebbe triplicare fino a raggiungere circa 7,5 milioni di tonnellate entro il 2026.

Ciò rappresenta meno del due percento della produzione globale di plastica. Tuttavia, concludono gli autori dello studio, almeno per ora, i regolamenti sulle bioplastiche dovrebbero essere rigidi come quelli per i polimeri a base di petrolio.

La sorpresa è nello scarto. In tempi di supermateriali e bio-tessuti, la vera sorpresa arriva dagli scarti: molte startup italiane (e non solo) stanno sperimentando metodi per ridare vita a materiali destinati al macero: dai gusci delle uova alla frutta marcia, fino ai resti del latte usato nell'industria. Come? Continua a leggere e lo scoprirai...

Residui alimentari diventano… Carta. Crush è un nuovo tipo di carta prodotto dalla Favini di Vicenza, partendo da residui di agrumi, uva, ciliegie, lavanda, mais, olive, caffè, kiwi, nocciole e mandorle: da questi alimenti si ottiene un tipo di carta colorata, utile anche per il packaging. La produzione è tutta Made in Italy e avviene in uno stabilimento vicino Venezia. Gli scarti agro-industriali vengono purificati e ridotti in particelle microscopiche. Infine sono miscelati con cellulosa vergine e fibre riciclate certificate FSC (cioè di legno proveniente da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici), utilizzando energia idroelettrica autoprodotta.

L'ananas per fare scarpe e borse. Il Piñatex è un materiale ricavato dalle foglie di ananas, così resistente da poter essere usato per produrre borse e scarpe. L’idea di usarlo così è di una startup spagnola, ispirata dagli abiti tradizionali ricamati delle Filippine, realizzati con fibre di foglie d’ananas. Il risultato? Simile all’eco-pelle, con costi inferiori e riducendo al minimo l’impatto ambientale della produzione. Tra i primi a credere nel Pinatex, la Puma che l’ha utilizzato per produrre un paio di scarpe.

Vecchi pneumatici si trasformano in… Gasolio, metano e ferro. Bruciare i copertoni produce inquinanti altamente tossici come le diossine. Ma se invece i copertoni finiscono nel microonde, le cose cambiano: il gruppo Caf di Firenze, insieme al dipartimento di Chimica della locale Università, ha creato uno speciale forno a microonde, Tyrebirth, che, anziché incenerire gli pneumatici vecchi, li scompone per trarne elementi riutilizzabili come gasolio, metano e ferro. Il riciclo si basa sul principio della pirolisi e permette di scomporre uno pneumatico in appena mezz’ora, ricavandone combustibili come idrogeno, metano Gpl (15%), gasolio (40%), carbon black (40%), oltre a una quantità di ferro (5%).

Chewing gum diventano oggetti di design. E se le cicche appiccicose invece che finire sotto le nostre scarpe, si trasformassero in qualcosa di utile? Detto, fatto: la designer inglese Anna Bullus da qualche anno trasforma i chewing gum in un materiale versatile. Il processo avviene in uno stabilimento di stampaggio plastica a Leicester (UK). Qui, la miscela contenente il vecchio chewing gum viene messa in una pressa ad iniezione, riscaldata e quindi espulsa come pasta, che può essere modellata in nuove forme non appena si raffredda per dare vita a nuovi oggetti. Tra questi, i contenitori installati nelle stazioni e nelle università, impiegati per raccogliere altre cicche da riciclare!

Frutta per produrre Pellame. È ancora in fase sperimentale ma Fruitleather potrebbe presto arrivare nelle nostre case sotto forma di un materiale duraturo molto simile alla pelle, da usare per produrre calzature ma anche divani, poltrone e sedie. L’idea è di una start-up di Rotterdam, i cui soci ritirano bucce di frutta e verdura marcia e ammaccata dai mercati e trasformano il tutto in purea, che viene poi cotta ed essiccata. Il processo, dal quale si ricavano fogli di materiale simile alla pelle, è molto più pulito ed ecocompatibile di quello da cui si ricava la pelle tradizionale.

Gusci d’uovo in… Cemento. Strano, ma vero: il fragile guscio delle uova, lavorato ad hoc, può diventare duro come cemento di alta qualità. I ricercatori della Calchéra San Giorgio di Trento (un centro che studia e produce materiali specifici per il restauro e il risanamento di edifici di interesse storico) sono riusciti a trasformare i gusci d’uovo in cemento biocompatibile e a renderlo resistente grazie a una composizione a base di argilla: una volta polverizzati i gusci e portati a una temperatura di 900-1000 gradi, questi diventano calce proprio come le pietre da cava. E mescolando questo carbonato con un’argilla naturale, si ottiene un cemento più elastico di quello tradizionale.

Latte dà origine a Tessuti Quando si dice due piccioni con una fava: usare il latte di scarto per realizzare un tessuto più leggero della seta, che oltretutto ha anche l'effetto di idratare la pelle. È quello che fa l'azienda pisana DueDiLatte. L'idea non è nuova: la fibra di latte, infatti, era impiegata in Italia già negli anni Trenta, ricavata dalla caseina, una proteina del latte. Oggi, grazie a innovative tecniche di bioingegneria, la fibra deriva dagli "avanzi" delle industriali casearie e di quelle cosmetiche, mantenendo inalterate le sue caratteristiche tessili e la proprietà di idratante naturale.

Tre colpi, una manciata di secondi e JFK, il presidente americano più carismatico e popolare disempre finiva di vivere. A 60 anni di distanza, restano ancora senza risposta molte domande sudinamica, movente e mandanti del brutale assassinio. Su questo numero, la cronaca di cosa accadde quel 22 novembre 1963 a Dallas e la ricostruzione delle indagini che seguirono. E ancora: nei campi di concentramento italiani, incubo di ebrei e dissidenti; la vita scandalosa di Colette, la scrittrice più amata di Francia; quello che resta della Roma medievale.

La caduta di un asteroide 66 milioni di anni fa cambiò per sempre gli equilibri della Terra. Ecco le ultime scoperte che sono iniziate in Italia... E ancora: a che cosa ci serve ridere; come fanno a essere indistruttibili i congegni che "raccontano" gli incidenti aerei; come sarebbe la nostra società se anche noi andassimo in letargo nei periodi freddi; tutti i segreti del fegato, l'organo che lavora in silenzio nel nostro corpo è una sofisticata fabbrica chimica.

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