James Wharram, l'hippie che inventò il catamarano moderno

2023-02-16 16:27:30 By : Ms. Shining Xia

Se oggi il catamarano moderno è una barca comoda e sicura, il suo successo è dovuto principalmente alla visione di un grande progettista inglese, una vera e propria leggenda, padre di oltre 10.000 progetti di barche a vela polinesiane a doppio scafo.

Parliamo di James Wharram, classe 1928, pioniere della navigazione oceanica a bordo di multiscafi, nonché uno dei più stravaganti interpreti della cultura hippie degli anni ’60 e ’70, conducendo una vita da vero figlio dei fiori fino al 14 dicembre 2021, giorno della sua morte, all’età di 93 anni. Esattamente un anno fa. E’ giunto il momento di raccontarvi la sua storia.

Fin da giovane James amava arrampicarsi e vagare per le brughiere ma trascorreva anche ore in biblioteca leggendo libri sulla nautica, in particolare sulle antiche barche polinesiane.

Si appassionò ai racconti del navigatore francese Éric de Bisschop che per primo aveva creduto nelle potenzialità di queste imbarcazioni e nel suo libro “The Voyage of the Kaimiloa”, tradotto dal francese e pubblicato nel 1940, raccontò il suo viaggio dalle Hawaii alla Francia, attraverso Polinesia, Indonesia, Città del Capo e Marocco, con destinazione finale Cannes.

Un’impresa, quella di de Bisschop, che dimostrò al mondo le capacità marine degli scafi a doppia canoa, a quel tempo considerati dagli accademici inadatte alla navigazione. Purtroppo, il risultato di de Bisschop nel secondo dopo guerra fu offuscato dalle aderenze politiche del navigatore francese al governo di Vichy, formalmente neutrale ma politicamente alle dipendenze dei nazisti.

Agli inizi degli anni ’50, James, a soli 25 anni, è presidente di un gruppo giovanile del partito laburista e destinato ad una prossima candidatura in Parlamento. Il suo spirito d’avventura e la passione per il mare però lo porta ad abbandonare la carriera politica e, basandosi sul modello di una canoa da pesca esposta presso il Science Museum di Londra e le scarse descrizioni di de Bisschop, inizia la costruzione del suo primo catamarano: Tangaroa (Dio del Mare in polinesiano). 

Allora in molti non credevano alla pazzia di Wharram di attraversare l’oceano con questo tipo d’imbarcazione ma James, con limitate disponibilità economiche (solo 200 sterline) e l’aiuto della sua ragazza Ruth Merseburger, non si perde d’animo e nel fienile di una fattoria vicino a casa dei suoi genitori a Manchester prosegue spedito nella costruzione. Durante i lavori una giovane ragazza tedesca, Jutta Schultze-Rohnhof, che con condivide lo stesso entusiasmo e passione per l’avventura, si unisce al gruppo con l’obbiettivo di aiutarli non solo nella costruzione della barca, ma anche prendendo parte alla traversata oceanica. 

In pochi mesi il catamarano prende forma. Tangaroa è lungo poco più di 7 metri, con due scafi a fondo piatto (i futuri progetti di Wharram avranno tutti gli scafi a V). Ogni scafo ha quattro paratie e all’interno sono stati ricavati una cuccetta da 2 metri, una cambusa e una piccola zona per il carteggio.

Nella sezione centrale, una piccola tuga offre un’altezza in cabina di circa 1 metro e 20. I due scafi sono uniti tra loro da quattro bagli imbullonati che garantiscono al catamarano una larghezza di 4 metri e 90 e al centro vi si trova un ponte a carabottino (graticolato) fatto da doghe di legno.

Dopo un primo test in acqua e qualche mese di navigazione, l’equipaggio formato James (27 anni, skipper), Ruth (23 anni, addetta alla navigazione) e Jutta (17 anni, cuoca), è pronto per attraversare l’Atlantico.

Nel settembre del 1955 Tangaroa, senza motore e nessuna delle apparecchiature di navigazione elettronica a cui i marinai di oggi sono abituati, salpa da Falmouth (Inghilterra) e attraversa, non senza difficoltà, il Golfo di Biscaglia. Nei mesi successivi naviga lungo le coste di Spagna e Portogallo. Per arrivare alle Canarie, l’equipaggio smonta il catamarano e lo imbarca su una ex-sminatrice tedesca. Giunti alle Canarie, dopo aver rimontato il catamarano e poco prima di partire, Jutta scopre di essere incinta. Nonostante la gravidanza decidono di salpare con destinazione le indie occidentali.

In quel primo piccolo catamarano autocostruito con assi, con i suoi scafi bassi e senza oblò, James, Ruth e Jutta si dirigono verso Trinidad, attraversando temporali e burrasche. Tangaroa inizia a mostrare i suoi primi difetti, si rompono più volte i timoni a causa del cedimento dei lunghi perni metallici che li sostenevano e alla fine James è costretto a riprogettarli in navigazione usando solamente dei chiodi, un fornello scalda paraffina e un martello.

Fortunatamente il pozzetto è stato realizzato con doghe di legno aperte che fanno defluire l’acqua, che sale a bordo a causa delle grandi onde oceaniche. Questo però non è sufficiente a scongiurare il pericolo di affondare poiché durante il viaggio lo scafo viene attaccato dalle teredini (piccoli molluschi) che creano delle micro falle nello scafo, che inizia ad imbarcare acqua.

Nonostante le difficoltà, completano la traversata da est a ovest e, dopo 42 giorni di navigazione, giungono a Trinidad dove Jutta dà alla luce il piccolo Hannes, primogenito di James. Tangaroa, come imbarcazione a vela, ha completato la sua impresa ma non è più navigabile, i suoi scafi in legno a fondo piatto in stile dory (piccola barca di origine americana con basso pescaggio) sono stati crivellati dalle teredini.

Sebbene questo viaggio avesse confermato le capacità di sopravvivenza in oceano di una piccola doppia canoa ora c’è bisogno di una nuova, più grande, casa.

Nel 1958 a Trinidad, mentre vivono a bordo di una zattera galleggiante ispirata al Kon-Tiki, fatta di canne di bambù, tronchi e fronde di palma, con l’aiuto di due mitici navigatori solitari come Bernard Moitessier ed Henry Wakelam, che si trovavano anch’essi sull’isola, James inizia la costruzione di un nuovo catamarano.

Il primo viaggio nell’Atlantico lo aveva portato a credere che un fattore importante, per dare alle antiche doppie canoe del Pacifico la capacità di navigare sopravvento, fosse una sezione trasversale dello scafo a V. Nasce così un catamarano, più grande di prima (12 metri), più performante, più marino e più comodo: Rongo (in polinesiano il figlio del Dio del Mare).

Primo vero capostipite dei progetti di James Wharram, tra le altre innovazioni di Rongo, oltre ai rinforzi ai timoni, che tanti problemi avevano causato su Tangaroa, vi furono delle vele full batten che, grazie alle stecche lunghe fino all’inferitura, oltre ad aumentare leggermente la superficie velica, ne miglioravano l’efficienza aerodinamica mantenendo un profilo ottimale anche con vento forte, quando il tessuto tenderebbe a deformarsi ed insaccarsi nella parte di balumina.

Nel 1959 l’ormai rodato equipaggio James, Ruth e Jutta (con il piccolo Hannes) possono finalmente ripartire, questa volta con l’obbiettivo di attraversare per primi l’Atlantico in catamarano da ovest a est. Lasciata Trinidad, Rongo risale verso nord-ovest, attraverso le Isole Vergini e lungo la costa orientale degli Stati Uniti per 1500 miglia fino a Sheepshead Bay, a Brooklyn (NY). Qui incontra Boris Lauer-Leonard, allora direttore di Rudder Magazine (importante rivista di nautica dell’epoca), e viene accolto a braccia aperte dalla comunità velica americana, molto più aperta all’idea dei multiscafi oceanici e meno distratta dallo snobismo inglese (James viaggiava e viveva con due donne). Grazie a diversi articoli pubblicati e un’apparizione in un quiz televisivo l’equipaggio di Rongo raccoglie facilmente il denaro necessario per finanziare il suo viaggio di ritorno in Inghilterra.

Non mancano problemi neanche in questa traversata del Nord Atlantico di 3500 miglia: onde gigantesche, vele che si lacerano e continui interventi di riparazione sono necessari per raggiungere le coste dell’Inghilterra. Proprio come nel viaggio d’andata, i perni del timone si spezzano, facendo perdere del tutto il controllo di una pala del timone e James, resosi conto che le assi di legno da oltre 3 metri sono troppo pesanti per essere riattaccate, si trova costretto a segarle.

Dopo circa 50 giorni di navigazione, il 30 settembre 1959, Rongo e il suo equipaggio arrivano nel Galles del Nord: James aveva definitivamente confermato con questo viaggio le capacità di cavalcare la tempesta, di navigare e di bolinare delle doppie canoe delle antiche civiltà del Pacifico. Il suo bentornato in Gran Bretagna, tuttavia, fu desolante rispetto a quello che aveva ricevuto a New York. Il desiderio di riconoscimento delle doti marine dei multiscafi da parte dell’establishment velico britannico non fu particolarmente soddisfacente e un giornale scandalistico descrisse la loro traversata del Nord Atlantico come “Triangolo amoroso su una zattera”.

L’anno successivo, nel luglio del 1960, James riuscì a far pubblicare i suoi concetti di base sulle imbarcazioni a doppia canoa su una rivista nautica inglese “The Yachtsman”.

La sua è una filosofia di costruzione a cui è rimasto fedele negli anni e che si può riassumere in quattro principi.

1) Le proporzioni dello scafo devono essere quelle dei velieri tradizionali, cioè con bordo libero modesto, mai superiore al 13%, questo per mantenere la deriva al minino, richiedendo una forza motrice minima (superfice velica e potenza del motore);

2) Il rapporto tra lunghezza e larghezza degli scafi deve essere di almeno 12:1 (o più sottili) per ridurre la resistenza delle onde e raggiungere la massima velocità senza bisogno di rig eccessivi;

3) Elevata stabilità, ottenuta grazie alle proporzioni ridotte dell’attrezzatura, così che la barca sia facile da governare;

4) La giunzione flessibile degli scafi, che consenta alla barca di fluire sul mare, riducendo le sollecitazioni sulla struttura e aumentandone la resistenza nel tempo.

A questi principi progettuali in realtà ne dovremmo aggiungere un quinto, forse quello più importante per il suo successo. Mentre anche in Gran Bretagna cresceva l’interesse per il catamarano da crociera, comodo, moderno ma costoso, James Wharram decide di puntare su catamarani di tipo polinesiano con un costo accessibile.

James ha studiato la cultura polinesiana insieme alla costruzione navale. I tipi di barche che ha progettato si chiamano Pahi, Tiki, Narai, Hitia, Maui, Raka e Hitia e vanno dai 14 ai 65 piedi. Mentre i moderni catamarani industriali sono strutture rigide e resistono alle onde con la forza, sui Wharram gli scafi sono fissati tramite funi o cinghie, questo li rende flessibili e permette loro di non opporsi alla forza delle onde. Le cabine sono pensate come spazi multifunzionali a misura d’uomo, in stretti scafi a forma di V. Per James Wharram “meno è meglio” e “più semplice è, meglio è”. Wharram progetta barche per carichi leggeri, imponendo il minimalismo ai suoi marinai. Queste sono tipicamente barche in compensato marino intrecciate con resina epossidica e fibra di vetro e travi in ​​legno lamellare.

Come James ha realizzato le sue imbarcazioni con cui ha attraversato l’Atlantico negli anni ‘50 da solo, così i piani Wharram sono progettati in modo che chiunque, senza conoscenze di costruzione navale, possa costruire un’imbarcazione d’altura. Sono barche economiche, molto adatte alla navigazione, con un ampio margine di sicurezza e facili da navigare. Per tutta la vita, James ha cercato di replicare e affinare la tradizione cantieristica polinesiana.

Fin dall’inizio, James Wharram ha cercato di rendere le sue barche il più semplici possibile da costruire. Quindi ha evitato il metodo tradizionale di costruire prima una solida base, con pesanti traverse in ogni sezione. Il suo metodo cosiddetto “spina dorsale e paratie” utilizza come guida la struttura stessa della barca. Non ci sono fissaggi metallici ma solo colla. Questa filosofia di costruzione è ancora più evidente nell’adozione da parte di Wharram della resina epossidica nel 1980. Ora era solo necessario “cucire” insieme le parti, usando anelli di filo di rame, e poi “saldarle” in posizione con del mastice epossidico, dopodiché lo scafo esterno veniva rivestito in uno strato di vetro e resina epossidica per dare resistenza e impermeabilità all’imbarcazione.

Dopo un primo decennio incentrato su Tangaroa, è negli anni ’70 che Wharram ha davvero intensificato la sua produzione di design, anche grazie all’arrivo di una terza donna che ha segnato la vita di James: Hanneke Boon, co-designer e madre del suo secondo figlio.

Col tempo, i 17 design emersi da quel decennio divennero noti come la gamma “Classic”, dal Maui di 16 piedi al Tehini di 51 piedi. Alcuni dei disegni sono ancora disponibili, ma la maggior parte, tuttavia, è stata sostituita dai progetti “Coastal Trek” degli anni ’80, con maggiore spazio per la testa sotto e interni più dettagliati, comprese le barche Hitia e Tiki (da 14 a 46 piedi). Nel mezzo ci sono i Pahi (da 26 a 63 piedi), con prua e poppa rialzate destinate a fornire una controparte “femminile” più sinuosa ai Classici “maschili”. Nel 1987 ha costruito il modello più grande della sua gamma, il Pahi 63 Spirit of Gaia, lungo 19,20 m, con cui ha navigato intorno al mondo dal 1995 al 1998.

Dopo aver terminato la costruzione dell’enorme Spirit of Gaia nel 1992, James si dedica a progetti più a misura del velista comune, colui che non si poteva permettere una grande imbarcazione ma desiderava comunque solcare il mare. Il frutto di questo lavoro è stato il lancio della gamma Ethnic di catamarani, a cominciare dal 16 piedi Melanesia del 1997, destinato a un velista più giovane e povero.

Tra tutti i marinai, gli americani sono i più convinti sostenitori di Wharram, responsabili per circa un terzo di tutti gli ordini. A coronare questa questo grande amore per le creature di James esiste un evento annuale, il Wharram Hui, un raduno che si svolge a Fort Myers, in Florida, e in Cornovaglia, dove ha sede lo studio James Wharram Design.

Le foto sono tratte dal sito James Wharram Design e dall’autobiografia People of the Sea di James Wharram e Hanneke Boon (disponibile solo in inglese)

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Storia bella e affascinante. Dopo aver letto Moitessier cercherò di rintracciare il libro sul viaggio di Kaimiloa. Vado a vela e ho noleggiato più volte catamarani. Due di questi progettati da, Eric Lerouge.

Un buon articolo Sig. Giacomo Barbaro. Non Avrei peró liquidato James Wharram solo come hippie per quanto il suo stile di vita potrebbe, ad un esame superficiale, lasciarlo pensare. Il legame speciale con le sue donne e gli amici sono quello che ha permesso alle sue grandi visioni di diventare realtà. La capacità e generosità delle donne e di tutti i membri della sua famiglia allargata ha permesso di dar vita ad un vero e proprio movimento di migliaia di persone in tutto il mondo che continua tutt’oggi e aiuta a diffondere uno stile di vita e di andar per mare sostenibile. Vale veramente la pena di leggere il suo ultimo libro People of the Sea e, per i più disponibili, venire a carteggiare la pancia di Gaia ( pahi 63 di Wharram) in primavera per mettere l’antivegetativa. Lol Paolo Stella

Ho avuto un Tiki 21 (fantastico nelle portanti, lento nelle manovre) semplice, funzionale, vero! Adesso sto pensando al 30, che é già in costruzione. Magari per una traversata atlantica….

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